Tragedia a Milano: morte annunciata tra faide di comunità rom
Nelle prime ore del 26 aprile 2024, la tranquillità di via Varsavia a Milano è stata infranta da un episodio di violenza che ha portato alla morte di Jhonny Sulejmanovic, un giovane di 18 anni di origine bosniaca. Il ragazzo, che stava dormendo in un Fiat Ducato insieme alla moglie incinta Samantha, è stato brutalmente assassinato da quattro individui che hanno prima distrutto i finestrini del furgone e poi, una volta che Sulejmanovic è uscito, gli hanno sparato almeno tre colpi di pistola. I responsabili dell’aggressione sono fuggiti a bordo di un’auto, lasciando dietro di sé una scena di disperazione e rabbia.
Un conflitto radicato in antiche rivalità
Le indagini preliminari suggeriscono che dietro questo omicidio si nasconda una faida tra famiglie rom, un conflitto alimentato da antiche rivalità. Qualche settimana prima dell’omicidio, un uomo di 64 anni, anch’egli appartenente alla famiglia Sulejmanovic, era stato aggredito e picchiato dai membri della famiglia Salkanovic a Torino. Questo episodio di violenza aveva portato a una rissa durante la quale una donna incinta è stata colpita e ha successivamente perso il bambino. Seguito da queste tragiche vicende, si era diffusa la voce di una imminente vendetta tra le due famiglie, alimentata anche da un video pubblicato su TikTok che annunciava scontri tra le ‘famiglie potenti’ della comunità: i Sulejmanovic e i Salkanovic.
Una vendetta annunciata
La moglie di Jhonny, Samantha, ha rivelato che i killer avevano già fatto la loro comparsa diverse volte il giorno prima dell’omicidio, il 25 aprile, cercando di attirare Sulejmanovic fuori dal suo rifugio con la scusa di bere una birra insieme. Lei, percependo il pericolo, gli aveva consigliato di non accettare. Nonostante la presenza di numerosi testimoni, tra cui i parenti della vittima e gli operai dell’Ortomercato vicino, l’agguato è stato portato a termine con fredda premeditazione, come dimostrano i bossoli calibro 7.65 trovati sull’asfalto, segno che i colpi sparati sono stati numerosi.
Le comunità rom e la ricerca di giustizia
È importante sottolineare che la famiglia di Jhonny Sulejmanovic non appartiene alla comunità rom del campo nomadi di via Bonfadini, situato non lontano dal luogo dell’agguato. Questo dettaglio aggiunge un ulteriore livello di complessità all’intera vicenda, evidenziando come la faida potrebbe avere radici più profonde e non necessariamente legate alla vita all’interno del campo nomadi. Il contesto di questo tragico evento solleva questioni delicate sulla coesistenza di diverse comunità e sulle sfide che queste affrontano nel cercare di integrarsi mantenendo al tempo stesso le proprie identità culturali.
La risposta della comunità e delle autorità
La morte di Jhonny Sulejmanovic ha scosso non solo la comunità rom ma l’intera città di Milano. L’evento ha sollevato interrogativi sulla capacità delle autorità di prevenire violenze così estreme e sulla necessità di promuovere una maggiore comprensione e integrazione tra le diverse comunità. Mentre le indagini continuano, cresce la richiesta di giustizia per la vittima e di misure più efficaci per contrastare la spirale di violenza che sembra aver preso di mira le famiglie rom in conflitto. La speranza è che questo tragico evento possa essere un punto di svolta per affrontare le radici del conflitto e promuovere una convivenza più pacifica e rispettosa tra tutte le comunità.
La comunità rom e l’intera società milanese ora attendono con ansia che la luce della giustizia illumini questo oscuro episodio di violenza, con la speranza che episodi simili possano essere evitati in futuro. La memoria di Jhonny Sulejmanovic e le circostanze della sua prematura scomparsa rimangono un monito sulla necessità di costruire ponti di dialogo e comprensione reciproca, al di là di ogni differenza.