La Nuova Era del Protezionismo: Biden Rialza le Barriere contro la Cina
Il protezionismo sta vivendo un vero e proprio revival nelle politiche economiche globali, con un impatto significativo sui rapporti internazionali, in particolare tra Stati Uniti e Cina. La decisione dell’amministrazione di Joe Biden di implementare dazi più elevati su alcuni prodotti cinesi segnala una svolta decisa verso la protezione dell’industria nazionale americana, seguendo una linea già tracciata dal suo predecessore, Donald Trump.
Il presidente Biden ha annunciato, durante un comizio a Pittsburgh, una proposta per aumentare notevolmente i dazi su acciaio e alluminio importati dalla Cina, passando dal 7,5% al 25%. Questa mossa mira a proteggere i lavoratori americani e garantire una concorrenza equa, rispondendo così alla pratica del dumping cinese, che sfrutta la sovrapproduzione interna per esportare a prezzi sottocosto, danneggiando le economie degli altri paesi.
Effetti della Sovrapproduzione Cinese e la Risposta Globale
La sovrapproduzione di acciaio in Cina, causata da una crisi nel settore immobiliare e da un ristagno delle costruzioni, ha portato a un aumento significativo delle esportazioni, con un impatto diretto sui mercati globali. Le dichiarazioni di Lael Brainard, direttrice dei consiglieri economici della Casa Bianca, evidenziano la problematicità dei sussidi cinesi, che generano un flusso di prodotti a prezzi artificialmente bassi, inondando i mercati internazionali.
La strategia protezionista di Biden non si limita però a acciaio e alluminio, ma si estende anche ad altri settori dominati dall’export cinese, come le auto elettriche, le batterie e i pannelli solari. L’indagine aperta sui cantieri navali cinesi rappresenta un altro fronte di questa battaglia contro la concorrenza sleale.
Il Contesto Globale e la Politica Industriale Americana
Il panorama internazionale, segnato da pandemia, conflitti geopolitici e tensioni commerciali, ha riacceso l’interesse per la sicurezza economica nazionale e la resilienza delle catene produttive. In questo scenario, la politica di Biden si inserisce in un contesto più ampio di rivalutazione delle strategie protezioniste come strumento di politica industriale, non solo negli Stati Uniti ma anche in Europa, Corea del Sud e Giappone.
La mossa di Biden, benché vista da alcuni come un’imitazione delle pratiche cinesi, si inserisce in realtà in una lunga tradizione di politica industriale attuata da diverse potenze economiche mondiali. L’obiettivo è quello di sostenere i settori strategici attraverso sussidi pubblici, aiuti di Stato e incentivi fiscali, una pratica storica che ha contribuito allo sviluppo di realtà industriali nazionali di successo.
Nel 2023, la tendenza globale verso il protezionismo si è accentuata, con oltre 2.500 provvedimenti di politica industriale registrati a livello mondiale, un numero che triplica i provvedimenti varati nel 2019, prima della pandemia. Questo riflette una crescente consapevolezza delle sfide economiche globali e la ricerca di soluzioni che garantiscano una maggiore indipendenza e sicurezza economica nazionale.
La decisione di Biden di aumentare i dazi su determinati prodotti cinesi rappresenta quindi non solo una risposta alle pratiche commerciali considerate ingiuste da parte della Cina, ma anche un segnale di un cambiamento più ampio nelle politiche economiche internazionali. Questa tendenza al protezionismo, se da un lato mira a proteggere le industrie nazionali, dall’altro solleva interrogativi su possibili ripercussioni sul commercio globale e sull’economia mondiale nel suo insieme.