Le rivelazioni di Giancarlo Galan: “Ho mentito per Berlusconi nel caso Ruby”
Una confessione che scuote le fondamenta della politica italiana è emersa recentemente attraverso le parole di Giancarlo Galan, ex governatore del Veneto, che ha ammesso di aver reso una falsa testimonianza durante il celebre processo Ruby. La vicenda, che ha tenuto banco sulle pagine dei giornali per anni, torna prepotentemente alla luce con dettagli inediti e rivelazioni sorprendenti.
Nel corso di un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, Galan ha aperto il suo cuore e la sua coscienza, ammettendo di aver mentito ai giudici per proteggere Silvio Berlusconi. “Ero andato a testimoniare in Tribunale a Milano per lui sulla vicenda Ruby. Era successo che nel 2010, da ministro delle Politiche agricole, fossi presente a un incontro fra Berlusconi e il presidente egiziano Hosni Mubarak. Ero al loro tavolo. In sostanza ho dichiarato di aver sentito che parlavano di una certa Ruby, una cantante egiziana. Non era vero, non avevo sentito nulla”, ha dettagliato l’ex politico, svelando così un retroscena finora sconosciuto al grande pubblico.
La lealtà verso Berlusconi a caro prezzo
La decisione di Galan di fornire una testimonianza favorevole a Berlusconi non era dettata da un calcolo politico, ma da un senso di lealtà verso l’uomo che “mi aveva cambiato la vita, che mi aveva reso felice facendomi guadagnare una barca di soldi nell’ambiente più bello del mondo”. Tuttavia, questa scelta ha avuto un prezzo elevato, portando Galan a un isolamento progressivo, accentuato dalla sua caduta a causa dell’inchiesta sul Mose, un altro scandalo che ha segnato profondamente la sua carriera politica.
Galan non nasconde il suo disappunto per come sono andate le cose dopo il suo gesto di fedeltà: “Quando sono stato arrestato ha dato a mia moglie 100mila euro, ufficiali eh, donazione – racconta ancora al Corsera -. Dopo alcuni mesi gliene ha dati altri 100mila. Poi più nulla, neanche una telefonata”. Queste parole disegnano il quadro di un rapporto andato in frantumi, nonostante i tentativi iniziali di sostegno economico da parte di Berlusconi.
Consigli, rimpianti e un funerale evitato
Il racconto di Galan prosegue, evidenziando la figura dell’avvocato Niccolò Ghedini, storico legale di Berlusconi, che avrebbe avuto un ruolo chiave nel consigliare l’ex governatore del Veneto su come muoversi nelle acque turbolente della giustizia italiana. “L’avvocato Ghedini, che da me non ha voluto un euro, mi ha fortemente consigliato prima di avvalermi della facoltà di non rispondere e poi di patteggiare. E, una volta patteggiato, quando non ero più un pericolo per nessuno, tanti saluti”, ha dichiarato Galan, esprimendo così un profondo senso di rimpianto per le scelte fatte.
Una delle confessioni più amare riguarda il distacco finale da Berlusconi, sottolineato da una scelta emblematica: quella di non partecipare al suo funerale. “Mi sono detto: se non aveva voglia di vedermi da vivo perché avrebbe voluto vedermi da morto?”, ha commentato Galan, delineando un epilogo di relazione personale e politica caratterizzato da amarezza e delusione.
Un miliardo di euro sparito e l’eredità politica di Berlusconi
Le rivelazioni di Galan non si fermano alla sua personale vicenda giudiziaria e al rapporto con Berlusconi, ma toccano anche il tasto dolente dell’inchiesta sul Mose, progetto ingegneristico veneziano finalizzato a proteggere la città lagunare dalle acque alte. “Fatto sta che a distanza di anni i conti sul Mose ancora non tornano e non si sa dove sia finito quasi 1 miliardo di euro”, ha sottolineato, mettendo in luce uno degli scandali più opachi e controversi degli ultimi decenni in Italia.
In un panorama politico ancora fortemente influenzato dall’eredità di Silvio Berlusconi, le parole di Giancarlo Galan gettano una luce nuova su episodi e dinamiche che hanno segnato un’epoca. La sua testimonianza, carica di rimorsi e rivelazioni, offre una riflessione sui meccanismi di potere e lealtà, in un contesto dove la verità sembra essere spesso il prezzo più alto da pagare.