Il dibattito sulla mobilità giovanile post-Brexit: tra speranze e realtà
Il sogno di una libera circolazione dei giovani tra il Regno Unito e l’Unione Europea si scontra con la dura realtà della Brexit. Una recente iniziativa proposta dall’UE per consentire ai giovani età compresa tra i 18 e i 30 anni di godere di una certa libertà di movimento è stata fermamente rifiutata dal governo britannico guidato da Rishi Sunak. Nonostante il clima di rapporti ‘più costruttivi’ seguito all’accordo di Windsor del febbraio 2023, sembra che il concetto di mobilità giovanile transfrontaliera sia un capitolo chiuso per Londra.
La proposta dell’UE, avanzata dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, mirava a instaurare un dialogo con i paesi membri per esplorare le possibilità di un accordo collettivo che favorisse gli scambi giovanili. Tuttavia, l’esecutivo britannico ha chiarito la sua posizione: ‘La libertà di movimento è terminata con la Brexit’. Questa ferma dichiarazione mette in luce la netta opposizione del Regno Unito ad adottare una politica di mobilità giovanile estesa a tutti i paesi dell’Unione Europea.
Accordi bilaterali: un’alternativa sul tavolo?
Nonostante il rifiuto di un accordo paneuropeo, il Regno Unito non chiude completamente le porte alla mobilità giovanile. Il governo ha infatti espresso la sua disponibilità ad esplorare accordi bilaterali con singoli paesi. Attualmente esiste già un sistema di visto agevolato della durata di 24 mesi per i giovani di età compresa tra i 18 e i 30 (o 35 a seconda della nazionalità) anni provenienti da dieci paesi, tra cui Australia, Nuova Zelanda e Canada, a patto che dispongano di almeno 2,530 sterline (circa 2,900 euro) di risparmi.
Il dialogo è aperto, in particolare con nazioni come la Francia, per stabilire accordi simili che possano facilitare la mobilità dei giovani europei verso il Regno Unito. Tuttavia, l’iniziativa dell’UE di creare un unico accordo per tutti gli stati membri non trova terreno fertile a Londra, rivelando una preferenza per trattative su base bilaterale che evitino discriminazioni tra cittadini di diversi paesi europei.
Le implicazioni della Brexit sull’immigrazione in Gran Bretagna
La Brexit ha segnato un cambiamento radicale nelle politiche di immigrazione del Regno Unito. Se da un lato i numeri complessivi degli immigrati rimangono elevati, con 1,2 milioni di arrivi nei 12 mesi fino a giugno 2023, vi è una netta diminuzione degli europei che scelgono il Regno Unito come meta. Solo 129.000 cittadini dell’UE si sono trasferiti nel paese nel periodo indicato, a fronte di una maggioranza schiacciante di 968.000 persone provenienti da altre parti del mondo.
Questo squilibrio evidenzia non solo le conseguenze dirette della Brexit sulle dinamiche migratorie ma solleva anche questioni sul futuro della mobilità giovanile europea verso il Regno Unito. L’attuale governo britannico, così come il partito laburista, che potrebbe presto guidare il paese stando ai sondaggi, sembrano concordare sulla chiusura nei confronti di un programma unificato di mobilità giovanile con l’UE. ‘Non ci sono piani per un programma di mobilità giovanile’, ha dichiarato un portavoce, sottolineando una visione politica che, per ora, esclude aperture verso un simile schema.
La situazione attuale lascia in sospeso molte speranze e aspettative dei giovani europei e britannici, che vedono nella mobilità internazionale un’opportunità di crescita, scambio culturale e sviluppo professionale. La questione rimane aperta e si pone come un importante punto di riflessione sul futuro delle relazioni tra il Regno Unito e l’Unione Europea, in un contesto post-Brexit che continua a ridefinire equilibri e strategie a livello internazionale.