Ergastolo per gli “amanti diabolici”: la fine di una tragedia che ha scosso Cerda
La prima sezione della Corte d’Assise ha pronunciato la sua sentenza: ergastolo per Luana Cammalleri e Pietro Ferrara, meglio noti come gli “amanti diabolici”, riconosciuti colpevoli dell’omicidio e dell’occultamento del cadavere di Carlo La Duca, marito di lei e amico di lunga data di lui. La decisione, presieduta da Sergio Gulotta con a latere Monica Sammartino, ha seguito le indicazioni della Procura, guidata dal procuratore aggiunto Ennio Petrigni e dai sostituti procuratori Alfredo Gagliardi e Luisa Vittoria Campanile, che avevano chiesto la pena massima per i due imputati.
Il caso, che ha visto sparire nel nulla Carlo La Duca a gennaio del 2019 da Cerda, si è concluso nel giorno di San Valentino, aggiungendo un ulteriore strato di ironia tragica alla vicenda. Gli imputati, difesi dagli avvocati Giovanni Marchese e Accursio Gagliano, hanno mantenuto la loro innocenza davanti alle accuse.
Una relazione nascosta e un delitto inspiegabile
Secondo la ricostruzione dell’accusa, Cammalleri e Ferrara avrebbero eliminato La Duca senza un motivo chiaro. L’uomo, infatti, non rappresentava un ostacolo alla loro relazione, dato che aveva già un’altra relazione sentimentale alla luce del sole. Ferrara è stato l’ultimo a vedere La Duca vivo, mentre Cammalleri avrebbe seguito l’auto del marito fino a via Minutilla, a Cardillo, dove il veicolo è stato poi ritrovato completamente pulito.
La vicenda ha suscitato grande scalpore, soprattutto quando i due, ancora non sospettati, apparvero in televisione lanciando appelli disperati per ritrovare La Duca, mostrando un dolore e una preoccupazione che, secondo gli inquirenti, erano del tutto insinceri. La relazione tra i due è emersa solo successivamente, grazie a delle intercettazioni che hanno rivelato una serie di conversazioni in cui i due parlavano della vittima al passato, insultandolo e descrivendo Cammalleri tormentata da sogni in cui il marito le appariva come un angelo che la faceva sentire in colpa.
Le difese degli imputati
Cammalleri ha cercato di difendersi attribuendo la sparizione del marito a un incontro che lui avrebbe avuto il giorno della sua scomparsa. “L’ho seguito, ha incontrato tre persone su una macchina grossa e scura… Ho sbagliato a non dirlo prima e ne sto pagando le conseguenze in carcere”, ha dichiarato l’imputata, sostenendo di aver taciuto per non rivelare la propria relazione con Ferrara. Questa versione è stata supportata da accertamenti complessi effettuati con i tabulati telefonici che hanno confermato il suo spostamento quel giorno.
Pietro Ferrara ha ribadito la sua innocenza, sostenendo di non avere alcun motivo per uccidere La Duca. Ha descritto un deterioramento dei rapporti dovuto alle confidenze ricevute da Cammalleri sulle violenze subite, ma ha negato ogni coinvolgimento nell’omicidio. “Non sono stato io”, ha affermato in aula, aggiungendo di aver consigliato a Cammalleri di non rivelare l’incontro del marito con gli sconosciuti per paura di ripercussioni.
Questo caso, che ha tenuto con il fiato sospeso l’opinione pubblica e le comunità locali, si chiude con una sentenza che, seppur attesa, non smette di interrogare sulle dinamiche oscure e complesse che possono annidarsi dietro le facciate di relazioni apparentemente normali. La storia degli “amanti diabolici” rimarrà come un tragico promemoria delle potenziali conseguenze devastanti dei segreti custoditi troppo a lungo.