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La sfida dell’Alzheimer: dalla musica alle frontiere della neurogenomica
La malattia di Alzheimer, una patologia che colpisce milioni di persone in tutto il mondo, sta diventando uno dei più grandi enigmi del nostro tempo. La sua presenza nella società è evidenziata non solo dalle cifre allarmanti, ma anche dalla cultura popolare. La canzone “Ricordi” dei Pinguini Tattici Nucleari, come ricorda il frontman Riccardo Zanotti, tocca il cuore di questa battaglia di memorie perdute, con versi che fanno eco al dolore e alla speranza di chi vive accanto a un malato di Alzheimer: «Io ti terrò la mano e tu tienimi l’anima / e pure se non sai chi sono, non lasciarla mai». Proprio come suggerisce il testo, la realtà delle demenze, e in particolare dell’Alzheimer, è una quotidianità sempre nuova, sempre la stessa, un continuo riadattarsi e riscoprire.
**L’Italia e la sfida demografica**
Attualmente, circa 1.100.000 italiani convivono con una forma di demenza, il 50-60% dei quali affetti da Alzheimer. Il fenomeno è destinato a crescere, con una stima di 280 anziani ogni 100 giovani entro il 2051. La Federazione Alzheimer Italia e l’associazione Alzheimer Bergamo sono in prima linea nel fornire supporto ai familiari dei pazienti, proponendo soluzioni come i Nuclei Alzheimer e reparti specializzati in ospedali e RSA. La terapia, in assenza di una cura definitiva, è un patchwork di interventi farmacologici, psicosociali e di gestione assistenziale continua.
Le nuove frontiere della cura e dell’assistenza
La dottoressa Raffaella Cogliano, esperta di Terapie Non Farmacologiche, ha sottolineato l’importanza di creare un contatto emotivo con i pazienti. Tecniche innovative come il trattamento Snoezelen e la Treno-Terapia sfruttano stimoli multisensoriali per riconnettere i malati con i loro ricordi. In parallelo, l’Intelligenza Artificiale arricchisce il panorama assistenziale: il software Ancelia di Teiacare, ad esempio, permette al personale sanitario di monitorare i pazienti 24 ore su 24, ottimizzando l’assistenza.
Neurogenomica e bioinformatica: alleati nella lotta all’Alzheimer
Gli algoritmi di machine learning e deep learning sono sulla frontiera dello studio delle patologie neurodegenerative. Pubblicazioni come quella su Scientific Reports rivelano come l’IA possa prevedere l’incidenza della malattia analizzando biomarcatori proteici e correlarli al DNA del paziente. La bioinformatica e le scienze “omiche” giocano un ruolo cruciale in questo contesto, utilizzando dati su larga scala per decifrare i meccanismi biologici alla base dell’Alzheimer.
La proteomica, l’interattomica, la metabolomica e la radiomica sono tutte discipline che contribuiscono significativamente ai progressi nelle neuroscienze. Un recente studio su Nature Aging ha identificato, attraverso la proteomica, cinque tipologie diverse di Alzheimer, aprendo nuove strade per la personalizzazione delle terapie.
La ricerca va avanti: il contributo di Human Technopole
Al Centro di Ricerca di Neurogenomica di Human Technopole a Milano, lo studio del genoma umano e la sua influenza sul sistema nervoso è al centro delle attenzioni. Il gruppo di Jose Davila-Velderrain ha collegato il biomarcatore APOE4 alle funzioni cognitive, offrendo spunti per nuove possibili vie terapeutiche. L’RNA sequencing è solo una delle tecniche utilizzate per comprendere l’impatto di APOE4 sulla produzione di colesterolo nelle cellule cerebrali dei soggetti con Alzheimer.
La corsa alla personalizzazione delle cure si fa sempre più intensa, e la scienza si muove rapidamente per tenere il passo con un nemico che si nasconde nelle pieghe più intime della memoria umana. **La neurogenomica**, la bioinformatica e le scienze omiche non sono solo parole complicate; sono le chiavi che aprono porte verso nuove e speranzose strategie di lotta contro l’Alzheimer.
L’Alzheimer è una malattia che sottrae pezzi di sé, frammenta ricordi e sbiadisce storie, ma proprio come suggerisce la canzone dei Pinguini Tattici Nucleari, attraverso le emozioni e piccoli gesti quotidiani, la memoria può trovare nuovi percorsi, e i ricordi possono tornare a vivere, seppure per un istante. E mentre la ricerca fa la sua parte, la società, le famiglie e i caregiver continuano a combattere, mano nella mano, per non lasciare mai l’anima di chi si ama.