In una tranquilla cittadina di Reims, nel cuore della Francia, vive una coppia che da quasi tre decenni ha dedicato la propria vita a una missione straordinaria: rintracciare e portare davanti alla giustizia coloro che sono responsabili del genocidio in Ruanda del 1994 e che hanno trovato rifugio sul suolo francese. Dafroza e Alain Gauthier, attraverso il loro instancabile lavoro con l’associazione che hanno fondato, il Collectif des parties civiles pour le Rwanda (CPCR), hanno sostenuto e presentato trentasei denunce, conseguendo storici risultati in termini di processi e condanne.
Un impegno nato dalla tragedia personale
Dafroza Gauthier, originaria del Ruanda e ingegnera chimica in pensione, era in Francia quando scoppiò il genocidio nel suo paese natale. Il massacro, che vide la morte di quasi un milione di persone in soli 100 giorni, uccise anche la madre di Dafroza e il resto della sua famiglia nei giorni successivi all’assassinio del presidente ruandese. Alain Gauthier, ex preside e suo marito, conobbe Dafroza durante un soggiorno in Ruanda negli anni ’70 e la ritrovò in Francia, dove lei era fuggita dagli scontri etnici. Il genocidio segnò una svolta nelle loro vite, spingendoli verso un percorso di giustizia e verità.
La lotta contro l’impunità
Nel 2001, la coppia partecipò a un processo a Bruxelles contro quattro ruandesi accusati di crimini contro l’umanità. Questa esperienza fu determinante per decidere di intraprendere un’azione simile in Francia, dove molti responsabili del genocidio avevano trovato rifugio. Fondarono così il CPCR, con l’obiettivo di portare questi individui davanti alla giustizia francese. Nonostante le iniziali difficoltà, tra cui la riluttanza della Francia ad ammettere il proprio ruolo nel genocidio e le complesse dinamiche diplomatiche con il Ruanda, il lavoro di Dafroza e Alain ha ottenuto risultati significativi.
Il loro impegno ha portato alla condanna di diversi individui, tra cui un ginecologo condannato nel dicembre scorso a 24 anni di carcere per genocidio e crimini contro l’umanità. Questo successo è il risultato di anni di raccolta di testimonianze e prove, spesso ottenute viaggiando personalmente in Ruanda e affrontando le sfide poste dal tempo che passa e dalla mutazione delle identità dei sospettati.
Il ruolo della Francia nel genocidio
Il rapporto della Commissione Duclert, pubblicato nel 2021, ha evidenziato la ‘responsabilità politica, istituzionale e morale’ della Francia nel genocidio ruandese, criticando in particolare l’Operazione ‘Turquoise’. Questa missione, avviata con mandato ONU, non riuscì a fermare i massacri. Anche il presidente francese Emmanuel Macron ha riconosciuto pubblicamente che la Francia avrebbe potuto interrompere il genocidio, ma non lo fece. Queste dichiarazioni segnano un passo avanti nel riconoscimento delle responsabilità, ma per Dafroza e Alain Gauthier il cammino verso la giustizia continua.
Un’eredità di giustizia e riconciliazione
L’azione di Dafroza e Alain Gauthier non è mossa da spirito di vendetta, ma dal desiderio di restituire dignità alle vittime del genocidio. La loro battaglia, che definiscono ‘civica’ più che ‘eroica’, mira a garantire una giusta sepoltura alle vittime, combattere l’impunità e prevenire il negazionismo. La loro determinazione ha permesso di avanzare nel processo di riconciliazione e giustizia, offrendo un esempio imprescindibile di come l’impegno civile possa contribuire a sanare le ferite di una nazione.
La coppia stima che oltre un centinaio di sospettati di genocidio si siano rifugiati in Francia dopo il 1994, rendendo il loro lavoro sempre più urgente. Nonostante le sfide, compresa la debolezza dei ricordi dei testimoni e le difficoltà nel raccogliere prove, Dafroza e Alain Gauthier proseguono nella loro missione, sostenuti dalla convinzione che la giustizia, anche se tardiva, sia fondamentale per la riconciliazione e la pace.