Michela Giraud racconta l’ispirazione dietro il film “Flaminia”: un viaggio nell’autismo e nelle dinamiche familiari
Nel panorama cinematografico italiano emerge una nuova voce, quella di Michela Giraud, che con il suo ultimo lavoro “Flaminia”, porta sul grande schermo non solo una storia di formazione e di crescita personale, ma anche un messaggio profondo sull’accettazione e sulla diversità. La vicenda, ambientata nella Roma Nord, narra le vicissitudini di Flaminia De Angelis, interpretata dalla stessa Giraud, che è anche sceneggiatrice del film. La protagonista, cresciuta in una famiglia borghese dove l’agiatezza materiale e l’attenzione alla forma sono valori predominanti, si ritrova a confrontarsi con questioni ben più complesse e significative.
La Giraud ha dichiarato: “Mi sono ispirata a mia sorella e al suo autismo”, rivelando così la fonte di ispirazione primaria del film. L’autismo di sua sorella Cristina e il loro rapporto hanno giocato un ruolo centrale nella genesi del progetto, segnando profondamente la narrazione e offrendo uno sguardo intimo su tematiche spesso trascurate dalla società. Il confronto con la diversità, l’accettazione di sé e degli altri, e la ricerca di un’autenticità di vita al di là delle apparenze costituiscono il cuore pulsante dell’opera.
Una storia universale che parte da un’esperienza personale
Nonostante le specificità dell’ambientazione e dei personaggi, Michela Giraud ha l’ambizione di trasmettere un messaggio universale attraverso la sua opera. “Questo non è un film solo romano: Flaminia è ambientato a Roma ma si parla di sentimenti”, ha affermato l’artista, sottolineando la volontà di andare oltre i confini geografici e culturali per toccare corde comuni a molti. La domanda che il film pone allo spettatore è tanto semplice quanto profonda: “Ma sto vivendo la vita che voglio?” Una questione che invita alla riflessione personale, indipendentemente dal contesto di vita di ciascuno.
Il film, oltre a essere un ritratto generazionale dei 30-40enni, segmento spesso trascurato dal cinema mainstream, si configura come un tributo agli affetti più veri e alle amicizie più sincere. Le relazioni umane, con le loro complessità e i loro momenti di luce, emergono come il vero fulcro attorno al quale ruota l’intera narrazione. Giraud, con franchezza e un pizzico di orgoglio, racconta: “È un film che parla dei miei amici e dei miei affetti”, evidenziando così l’importanza del legame con le persone care nella propria vita e nella propria arte.
La sfida della rappresentazione dell’autismo sul grande schermo
Integrare la tematica dell’autismo in una storia più ampia non è stato un compito semplice per Michela Giraud, che ha impiegato anni per riuscire a “rendere artistico” questo aspetto tanto personale quanto delicato. La scelta di includere un personaggio autistico, la sorellastra di Flaminia, Ludovica, interpretata da Rita Abela, non è solo un omaggio alla sorella della regista ma anche un tentativo di ampliare la narrazione cinematografica sull’autismo, spesso riduttiva o stereotipata. La presenza di Ludovica nella storia diventa l’elemento catalizzatore di un profondo processo di trasformazione per la protagonista e, di conseguenza, per lo spettatore.
Il film vanta la partecipazione di attori come Antonello Fassari e Lucrezia Lante Della Rovere, nei ruoli dei genitori di Flaminia, e cameo di noti comici romani, arricchendo così la narrazione con sfumature ironiche e momenti di leggerezza. Michela Giraud, con questo suo lavoro, si pone come ponte tra il vissuto personale e la creazione artistica, mostrando come le esperienze più intime possano trasformarsi in racconti capaci di toccare l’universale. “Io parlo sempre di cose a cui tengo, ma cerco di comunicare quello che sento rendendolo fruibile”, ha concluso Giraud, delineando così il proprio approccio creativo.
In definitiva, “Flaminia” si propone come un film che, attraverso la storia di una giovane donna alle prese con le aspettative familiari e la scoperta di sé, invita a una riflessione più ampia sui temi dell’accettazione, della diversità e della ricerca di un’autenticità di vita. La sfida di Michela Giraud è quella di rendere la sua esperienza personale uno strumento per esplorare tematiche universali, dimostrando come il cinema possa essere un veicolo potente per il cambiamento sociale e la comprensione reciproca.