Il dibattito sul Ponte sullo Stretto si infiamma: tra costi e benefici ambientali
Il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina torna prepotentemente sotto i riflettori, alimentando un dibattito che si trascina da anni senza trovare una conclusione definitiva. In un panorama politico ed economico sempre più focalizzato sulle questioni ambientali e sulla sostenibilità, la recente pubblicazione dell’analisi costi-benefici da parte della società ‘Stretto di Messina’ solleva nuovi interrogativi. Nonostante le rassicurazioni del ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, che ribadisce l’intenzione di procedere speditamente con l’apertura dei cantieri entro il 2024, emergono dubbi sulla metodologia adottata per la valutazione dell’impatto dell’opera.
Il documento, che avrebbe dovuto fornire una base oggettiva per valutare la fattibilità e l’opportunità del ponte, è stato redatto dallo stesso soggetto che ha interesse nella realizzazione del progetto, piuttosto che da una terza parte indipendente. Questo dettaglio non è sfuggito agli occhi degli osservatori più attenti e critici, che vedono in questo modo di procedere una conferma del detto di Henry Kissinger: ‘quando un ragguardevole prestigio burocratico è stato investito in una politica è più facile vederla fallire che abbandonarla’.
Benefici ambientali in discussione
L’analisi presentata mette in luce come il ponte potrebbe contribuire significativamente alla riduzione delle emissioni di CO2, quantificando un risparmio di 12,8 milioni di tonnellate di CO2 grazie all’eliminazione dei traghetti tra Messina e Villa San Giovanni e alla preferenza per il trasporto su ferrovia. Questo dato, se da un lato sembra supportare l’argomentazione a favore della costruzione del ponte sotto il profilo ambientale, dall’altro solleva perplessità riguardo alla sua effettiva incidenza nel lungo termine.
Il documento, infatti, proietta i suoi benefici ben oltre il 2050, anno in cui si prevede che traghetti e aerei operanti in Italia e in Europa saranno a zero emissioni. La valutazione degli impatti positivi continua a farsi sentire fino al 2063, con benefici quantificati in 400 milioni di euro. Tuttavia, questa proiezione sembra non tenere adeguatamente conto della prevista evoluzione tecnologica e delle politiche ambientali, che hanno come obiettivo l’azzeramento delle emissioni di gas serra.
Le critiche e i dubbi
Il confronto con il valore attuale delle quote di emissione nel sistema europeo di scambio, che oscilla intorno ai 60 euro per tonnellata e ha toccato un massimo di 105 euro a febbraio 2023, solleva ulteriori dubbi. Se da un lato il risparmio di CO2 appare come un indubbio vantaggio, dall’altro l’entità dei benefici economici derivanti sembra essere sovrastimata, soprattutto considerando le proiezioni a lungo termine in un contesto in rapida evoluzione.
Il dibattito sul Ponte sullo Stretto, quindi, non è solo una questione di fattibilità tecnica o di volontà politica, ma si inserisce in un contesto più ampio che riguarda la sostenibilità ambientale e l’efficienza economica. La decisione di procedere con la costruzione del ponte richiede una valutazione attenta e ponderata, che consideri tutti gli aspetti implicati, senza trascurare le potenziali ripercussioni future.
In questo scenario complesso e sfaccettato, il Ponte sullo Stretto di Messina rimane un tema caldo e divisivo. La necessità di un approccio più inclusivo e trasparente nella valutazione dei progetti infrastrutturali di grande impatto appare sempre più evidente, così come l’urgenza di considerare le implicazioni a lungo termine delle scelte di oggi. La strada verso la realizzazione del ponte è ancora lunga e irta di ostacoli, con una serie di questioni aperte che richiedono risposte chiare e convincenti.