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Accademici Contro il Bando Italia-Israele: La Protesta si Amplia
La comunità accademica italiana si trova al centro di un acceso dibattito che va oltre le aule universitarie, toccando questioni di etica, diritti umani e responsabilità sociale. Oltre 200 tra docenti, assegnisti, dottorandi e personale tecnico-amministrativo dell’Università di Firenze hanno recentemente espresso il proprio dissenso, firmando una lettera-appello rivolta ai vertici dell’ateneo. L’oggetto della contestazione è la partecipazione al bando di cooperazione industriale, scientifica e tecnologica tra Italia e Israele, pubblicato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (Maeci).
La presa di posizione dei firmatari fa eco a una protesta nazionale che ha già visto la partecipazione di quasi 2.000 accademici in tutta Italia. La lettera cita la necessità di ‘prevenire e di non essere complici in atti di genocidio’, in riferimento alla Convenzione Onu del 1948, e richiama l’attenzione sulla situazione di conflitto a Gaza. Gli accademici fiorentini invitano la rettrice, i componenti del Senato accademico e il Cda a seguire l’esempio dell’Università di Torino, che ha già optato per non aderire al bando in questione.
Un’appello alla Coscienza Accademica
La lettera sottolinea la responsabilità morale delle istituzioni accademiche di fronte a quello che viene descritto come una ‘strage ripugnante’. Il messaggio inviato è chiaro: non si può rimanere indifferenti di fronte alle violazioni dei diritti umani, indipendentemente dal campo di studio o dalla disciplina accademica. ‘Siamo certi che le loro parole saranno prese in seria considerazione’, affermano i firmatari, pur senza aver ancora ricevuto una risposta ufficiale. La mobilitazione non si ferma alla richiesta formale: sono state preannunciate ulteriori iniziative per mantenere alta l’attenzione sulle questioni sollevate e ottenere risposte concrete.
Anche l’Università di Pisa si trova a confrontarsi con simili richieste. Un gruppo di 25 dottorandi e assegnisti di ricerca del Dipartimento di Scienze Politiche ha chiesto all’ateneo di non partecipare al bando Maeci, evidenziando come alcuni progetti di cooperazione possano avere applicazioni in ambito militare (tecnologie dual use) e come l’università abbia rapporti con aziende coinvolte nella produzione di sistemi d’arma utilizzati anche contro la popolazione palestinese.
Un’impegno per la Pace e la Collaborazione
Oltre alla richiesta di ritiro dal bando, gli accademici pisani sollecitano l’ateneo e il dipartimento a ‘promuovere ogni forma di collaborazione tra la comunità scientifica e studentesca in Italia e la società civile, palestinese e israeliana’. L’obiettivo è sostenere iniziative che si oppongano all’occupazione militare della Striscia di Gaza e dei territori in Cisgiordania, nel pieno rispetto dei principi di libertà, eguaglianza, dignità e diritti di tutti i popoli.
Questa presa di posizione sottolinea una crescente consapevolezza delle responsabilità etiche che le istituzioni accademiche devono assumersi. La lettera dei dottorandi e assegnisti di Pisa conclude con un appello affinché l’università non diventi ‘uno spazio di legittimazione culturale della guerra’, né che fornisca strumenti e conoscenze a servizio del settore bellico, specialmente in un contesto di escalation del conflitto.
La questione sollevata dagli accademici di Firenze e Pisa pone in evidenza il ruolo delle università e della comunità scientifica nel dibattito pubblico su temi di rilevanza globale. La richiesta di riconsiderare la partecipazione a iniziative di cooperazione internazionale, quando queste possano indirettamente sostenere conflitti o violazioni dei diritti umani, rappresenta un forte messaggio di impegno civile e responsabilità etica. La risposta delle istituzioni accademiche a queste sollecitazioni sarà determinante non solo per l’esito specifico della protesta ma anche per definire il ruolo sociale e morale delle università nell’epoca contemporanea.