Il controverso progetto del Ponte sullo Stretto di Messina si ritrova nuovamente sotto i riflettori non solo per la sua ambiziosa visione infrastrutturale, ma anche per le intricate questioni legate agli espropri necessari alla sua realizzazione. In particolare, emerge una situazione problematica nella provincia di Vibo Valentia, dove i condannati per mafia e i parenti di noti boss della zona riceveranno compensi derivanti dagli espropri di terreni.
Il contesto degli espropri
La costruzione di un deposito di materiale inerte, identificato come Cra3, previsto in una zona rurale denominata Petto, ha messo in luce la complessità delle operazioni di esproprio. Secondo quanto riportato dal progetto definitivo pubblicato dalla Società Stretto di Messina Spa, il sito destinato a discarica accoglierà circa un milione e mezzo di metri cubi di materiale di scarto, con ulteriori 335 mila metri cubi previsti per un deposito temporaneo. Tuttavia, per portare a termine queste operazioni, lo Stato necessita dell’esproprio di 70 mila metri quadrati di territorio, di cui 60 mila di proprietà del clan Mancuso, una delle realtà criminali più radicate nella zona.
Il progetto tocca quasi 3 mila proprietari su una superficie di 3,7 milioni di metri quadrati, un’area che un tempo fungeva da cava di inerti e che oggi si presenta in stato di degrado e abbandono. Il valore di questi terreni è quasi nullo a causa dell’intensa attività estrattiva che ha compromesso l’assetto originario del sito. Nonostante ciò, lo Stato si impegna a compensare i proprietari nell’intento di restituire all’ambiente un paesaggio deturpato e trascurato.
Gli espropri tra questioni legali e morali
Tra i beneficiari dei compensi per gli espropri, figura Carmina Antonia Mancuso, figlia di Francesco Mancuso, boss defunto che ottenne un record di preferenze alle elezioni comunali di Limbadi nel 1993, pur essendo latitante. La storia del clan Mancuso è intricata, con radici profonde nel tessuto sociale e criminale della regione. Altri parenti del clan, così come individui condannati per associazione mafiosa, come Francesco Naso, risultano tra coloro che riceveranno compensi dallo Stato. Naso, in particolare, proprietario di terreni adibiti a pascoli e uliveti, è noto per aver fornito materiali edili al clan Mancuso, ottenendo in cambio vantaggi sul territorio.
La situazione solleva interrogativi non solo sul piano legale, ma anche su quello morale e etico. I compensi per gli espropri, infatti, vengono erogati in base a criteri stabiliti dal Testo Unico sugli espropri per fini di pubblica utilità, ma il coinvolgimento di figure legate alla criminalità organizzata pone il problema di come gestire situazioni in cui il rispetto della legge si intreccia con la necessità di non alimentare le risorse economiche di entità criminali.
Riflessioni sul futuro
Il caso degli espropri per il Ponte sullo Stretto di Messina riflette la complessità di realizzare grandi opere infrastrutturali in contesti territoriali complessi, dove le proprietà terriere possono essere intrecciate con la storia e le dinamiche della criminalità organizzata. La questione solleva riflessioni profonde sulla gestione delle operazioni di esproprio e sulle politiche pubbliche necessarie per equilibrare i diritti dei cittadini con le esigenze di sviluppo e riqualificazione territoriale.
Nonostante gli sforzi dello Stato di compensare equamente tutti i proprietari dei terreni coinvolti, il dibattito rimane acceso su come garantire che tali operazioni non finiscano per avvantaggiare soggetti legati a realtà criminali, mettendo in luce la sfida continua nella lotta contro la mafia e nella promozione di uno sviluppo equo e sostenibile. La realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina continua dunque a essere un tema di grande attualità, che va ben oltre la mera costruzione di un’opera infrastrutturale, toccando questioni di giustizia sociale, legalità e sviluppo.