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Scontri in mare: spari e caos durante il salvataggio di migranti
In un recente episodio che ha scosso la comunità internazionale, soccorsi marittimi nel Mediterraneo sono stati interrotti da un’azione violenta, quando una motovedetta libica ha aperto il fuoco vicino ai soccorritori e ai migranti in difficoltà. La scena descritta da Denny Castiglione, capomissione di Mediterranea, rivela momenti di panico e pericolo acuto. “Ci hanno sparato a un metro di distanza, mentre tiravamo la gente fuori dall’acqua”, ha raccontato, delineando un quadro di assoluta emergenza.
Gli eventi si sono svolti quando due gommoni di salvataggio, partiti dalla nave Mare Jonio di Mediterranea, si sono avvicinati a un’imbarcazione in avaria per prestare soccorso ai migranti a bordo. Durante l’operazione, una motovedetta di Tripoli si è avvicinata a grande velocità, sparando in aria e generando una situazione di caos. I militari a bordo della motovedetta, appartenenti alla cosiddetta “guardia costiera libica”, hanno inoltre minacciato i migranti, arrivando ad usare una frusta in alcune circostanze, secondo quanto riportato.
La reazione internazionale agli spari
La comunità internazionale si è prontamente espressa sul grave incidente, sollevando preoccupazioni sui metodi impiegati dalla guardia costiera libica. “Un comportamento criminale delle milizie libiche finanziate dall’Italia”, ha commentato il deputato Nicola Fratoianni, richiamando l’attenzione sul sostegno finanziario fornito dall’Italia a queste milizie. Anche Riccardo Magi, esponente di +Europa, ha sottolineato come l’accaduto dimostri il fallimento del memorandum Italia-Libia, invocando l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta.
Il caso è destinato a raggiungere anche i palchi europei, con l’eurodeputato Pietro Bartolo che ha annunciato l’intenzione di portare la questione a Strasburgo. È emerso un appello urgente affinché il governo italiano e l’Unione Europea intervengano per prevenire ulteriori tragedie, non solo tra i migranti ma anche tra coloro che rischiano la vita per prestare soccorso.
Un contesto di crescente tensione
L’incidente avviene in un momento di crescente tensione nel Mediterraneo, con un significativo aumento degli arrivi a Lampedusa. Tra mercoledì e giovedì, l’isola ha registrato una trentina di sbarchi, con oltre mille e cento persone arrivate, la maggior parte delle quali partite dalla Tunisia. A questi si aggiungono altri 1.335 migranti intercettati e riportati indietro dalle autorità tunisine.
Il dramma umano si aggrava con la notizia della morte di una ragazza diciottenne originaria del Gambia, deceduta 33 miglia a sud-ovest di Lampedusa quando il barchino su cui viaggiava è affondato. Nonostante l’intervento della guardia costiera, che ha salvato 45 persone, per lei non c’è stato nulla da fare. Ulteriori testimonianze raccolte dall’Unhcr hanno rivelato la triste sorte di un altro giovane, un 17enne ivoriano, confermando la gravità della situazione migratoria nel Mediterraneo.
La sfida del soccorso in mare
La Mare Jonio, protagonista di quest’ultimo sconcertante episodio, ha alla fine portato in salvo 58 persone. Questo numero include sia i migranti inizialmente a bordo dell’imbarcazione in avaria sia coloro che, presumibilmente, si sono gettati in mare dalla motovedetta libica. Il bilancio dell’operazione rimane tuttavia incerto, con possibili dispersi non ancora accertati. “Non lo sappiamo ancora, l’operazione è stata molto complessa e difficile a causa di questo scellerato intervento”, ha dichiarato Castiglione, sottolineando lo stato di choc in cui si trovano le persone salvate, alcune delle quali continuano a vomitare acqua salata.
L’episodio solleva questioni urgenti riguardo la sicurezza e l’efficacia delle operazioni di soccorso nel Mediterraneo, in un contesto internazionale sempre più polarizzato sulla questione migratoria. La necessità di una risposta coordinata e umanitaria diventa sempre più impellente, in un mare che continua a essere teatro di speranze, tragedie e ora, anche, di atti di violenza inaccettabile.