La tragica fine di Lello Capriati, tra vendette e vecchie faide a Bari Vecchia
Raffaele Capriati, noto alle cronache come Lello, è stato ucciso a Bari in un agguato che sembra riecheggiare le oscure epoche di faide familiari e regolamenti di conti. La sua morte non solo riaccende i riflettori su una città spesso attraversata da violente dinamiche criminali, ma riporta alla memoria il tragico destino di un uomo e di una famiglia profondamente radicata negli annali della criminalità organizzata locale.
Lello Capriati, scarcerato nell’estate del 2022 dopo 17 anni di reclusione per l’omicidio di Michele Fazio, vittima innocente di un errore tragico, aveva fatto ritorno nella sua Bari Vecchia. La sua liberazione era stata celebrata con fuochi d’artificio, un segnale di festa che però non nascondeva le tensioni e le antiche rivalità ancora vive nel tessuto sociale e criminale della città.
Un destino segnato da violenza e faide familiari
Arrestato a soli 22 anni, il 20 maggio 2005, Lello Capriati aveva trascorso gran parte della sua vita dietro le sbarre, pagando per un crimine che portava i segni di una faida cruenta tra clan rivali. La notte del 12 luglio 2001, nel tentativo di eliminare un membro del clan avversario, i killer sbagliarono bersaglio, uccidendo Michele Fazio, un innocente. Questo atto di violenza aveva segnato profondamente l’intera vicenda giudiziaria e umana di Capriati.
Il ritorno a casa di Lello era stato visto da molti come una possibile chiusura delle ostilità, ma il suo assassinio dimostra come le antiche ruggini tra i clan di Bari Vecchia non siano mai state realmente superate. La violenza ha così ripreso a farsi strada nelle strade del borgo antico, lasciando presagire un futuro di incertezza e paura.
La reazione della famiglia e della comunità
Sui social network, i figli di Lello Capriati hanno espresso il loro dolore e la loro incredulità di fronte a un destino così crudele. “Fai buon viaggio”, ha scritto Sabino, il figlio maggiore, mentre Cristian, più giovane, ha condiviso il suo dispiacere per un rapporto appena rinato e già spezzato: “Ci stavamo conoscendo da un anno e mezzo”. Queste parole sottolineano la tragedia personale dietro la figura di un uomo coinvolto in dinamiche criminali, ma anche padre, figlio e fratello.
Il caso di Lello Capriati non è isolato nella storia di violenza che caratterizza alcune aree di Bari. Anche il fratello, Mimmo, era stato ucciso nel 2018, poco dopo essere stato scarcerato, in un episodio che aveva già scosso profondamente la famiglia e la comunità. Questi eventi tragici evidenziano un ciclo di violenza che sembra difficile interrompere, dove le ambizioni criminali si scontrano con le vite degli individui e delle loro famiglie.
Gli antefatti di una lunga detenzione
La detenzione di Lello Capriati era stata segnata da accuse gravi, tra cui il concorso in omicidio volontario e concorso in detenzione di armi da fuoco con l’aggravante di aver favorito un’associazione mafiosa. Durante gli anni in carcere, Capriati aveva attraversato diversi istituti penitenziari italiani, un percorso di pena che lo aveva allontanato dalla sua città ma non dalle sue tragiche dinamiche interne.
Nel corso delle indagini sull’omicidio del fratello Mimmo, emersero dettagli inquietanti sulle motivazioni dietro l’escalation di violenza. Secondo la direzione distrettuale Antimafia, a decidere la sua morte sarebbe stata l’ambizione di prendere il controllo dello spaccio di droga e di affermare un ruolo egemone nel clan, spostando l’attenzione anche verso le estorsioni. Questa narrazione conferma la complessità e la pericolosità delle lotte di potere all’interno delle organizzazioni criminali, che spesso si traducono in azioni di una brutalità inaudita.
La storia di Lello Capriati è diventata emblematica delle dinamiche di violenza che continuano a segnare alcune realtà urbane italiane, dove il passato criminale e le faide familiari lanciano ombre lunghe sul presente e sul futuro di intere comunità. La sua morte riapre interrogativi sulle possibilità di redenzione e sulle sfide che le istituzioni devono affrontare per garantire sicurezza e giustizia in contesti così complessi.
Il ritorno di Capriati a Bari Vecchia aveva suscitato speranze di un possibile cambiamento, ma la sua uccisione dimostra quanto sia difficile spezzare il ciclo di violenza in cui sono immersi alcuni contesti sociali e familiari. La sua storia, segnata da errori, vendette e antiche rivalità, è un monito sulle difficoltà di lasciarsi alle spalle un passato di violenza e sull’urgenza di trovare vie di uscita dalla spirale di odio e rancore che ancora oggi affligge molte realtà italiane.