Una nuova legge per l’integrazione linguistica nelle scuole italiane
La questione dell’integrazione degli studenti stranieri nelle scuole italiane assume una nuova dimensione alla luce della recente proposta legislativa annunciata dal ministro all’istruzione e al merito, Giuseppe Valditara. La normativa si propone di stabilire un tetto massimo di alunni con cittadinanza non italiana per classe, limitato alle situazioni in cui si evidenzino significative carenze nella conoscenza della lingua italiana. Una mossa che, pur mirando a favorire un ambiente di apprendimento più omogeneo, solleva interrogativi sulla sua applicabilità e necessità.
Il cuore della proposta risiede nell’idea di impostare una soglia del 20-30% di studenti stranieri per classe, un parametro che, sulla carta, sembra poter influenzare solo una minoranza di contesti scolastici. I dati attuali sugli studenti che non parlano italiano, infatti, oscillano tra il 3 e il 4 percento, un indice che mette in dubbio la portata dell’intervento normativo. La strategia prevede un’accurata valutazione delle competenze linguistiche degli alunni al momento dell’iscrizione, allo scopo di distribuire equamente le presenze straniere e garantire un supporto didattico adeguato a chi necessita di un potenziamento del proprio italiano.
Analisi numerica e geografica della presenza straniera
Sebbene la circolare del 2010 fissi già un limite al 30%, la novità introdotta dalla norma in discussione solleva interrogativi circa la sua reale applicabilità. In una classe media di 20-22 alunni, il limite proposto corrisponderebbe a 5-6 studenti stranieri, una quota che appare irrealistica considerando la distribuzione attuale degli alunni non italiani. L’ultimo report del ministero dell’istruzione, relativo all’anno scolastico 2020-2021, indica infatti che gli studenti con cittadinanza non italiana costituiscono il 10,3% della popolazione scolastica nazionale, una percentuale che è lievemente aumentata al 12% a causa del calo demografico che ha colpito i bambini italiani.
La Lombardia emerge come la regione con il più alto numero di studenti stranieri, rappresentando oltre un quarto del totale in Italia. Seguono Emilia-Romagna, Veneto, Lazio, Piemonte e Toscana, con una quota di presenza straniera compresa tra l’8,3% e il 12,1%. È evidente che la necessità di applicare il limite massimo di alunni stranieri per classe si concentra in specifiche aree geografiche, particolarmente nelle regioni del Nord, mentre al Sud la percentuale di studenti non italiani cala significativamente.
La questione della lingua: un problema di minoranza?
Una delle chiavi di lettura più interessanti della proposta legislativa concerne la distinzione tra gli alunni stranieri in base alle loro competenze linguistiche. Il 66,7% degli studenti con cittadinanza non italiana è nato in Italia e, avendo frequentato il sistema scolastico nazionale fin dalla scuola materna, presumibilmente non presenta grosse lacune nella lingua. Di conseguenza, solo il 30% degli alunni stranieri, nati fuori dall’Italia, potrebbe incontrare difficoltà linguistiche significative, riducendo ancora di più la percentuale di coloro che necessitano di corsi di potenziamento.
Questa situazione pone l’accento su un paradosso: la norma sembra indirizzata a un’esigua minoranza di studenti, situati perlopiù in specifiche realtà urbane o regionali dove la concentrazione di popolazione straniera è maggiore. In città come Roma, ad esempio, esistono quartieri con elevate percentuali di nuclei familiari di cittadinanza non italiana, situazioni in cui la legge potrebbe trovare un’applicazione più concreta e necessaria.
Considerazioni finali sulla proposta
La proposta di legge avanzata dal ministro Valditara sembra muoversi sul filo di una doppia esigenza: da un lato, garantire a tutti gli studenti, italiani e non, un contesto educativo in cui le barriere linguistiche non costituiscano un ostacolo all’apprendimento e all’integrazione; dall’altro, rispondere a esigenze di equità e coesione sociale in aree caratterizzate da un’intensa presenza di studenti stranieri. La sfida sarà quella di implementare una normativa che, pur nel rispetto delle sue nobili finalità, non si traduca in un intervento eccessivamente selettivo o limitato a pochi contesti specifici.
In definitiva, la realizzazione di un sistema scolastico inclusivo e capace di rispondere alle diverse esigenze linguistiche e culturali degli studenti appare come un obiettivo fondamentale. Resta da vedere come la proposta di legge verrà accolta dalla comunità educativa e dalla società civile, e quali saranno le sue reali implicazioni sul terreno dell’integrazione scolastica e sociale degli alunni con cittadinanza non italiana in Italia.