Chico Forti: Il Ritorno in Italia dopo Anni di Detenzione negli Stati Uniti
Chico Forti, imprenditore trentino condannato all’ergastolo per l’omicidio dell’imprenditore australiano Dale Pike, presto farà ritorno in Italia dopo oltre due decenni di detenzione negli Stati Uniti. Il vicepremier e capo della Farnesina, Antonio Tajani, ha chiarito il procedimento che porterà alla sua liberazione, dichiarando che “un tribunale italiano deve riconoscere la sentenza degli Stati Uniti, poi deve essere mandato in Usa il documento, e poi naturalmente serve aspettare il ritorno in Italia del nostro connazionale”. Forti si è sempre proclamato innocente, e dopo molte trattative senza esito, il trasferimento è stato annunciato dalla premier Giorgia Meloni durante il suo viaggio a Washington.
Chico Forti e il Caso Baraldini: Differenze e Prospettive
Tajani ha sottolineato che il ritorno di Forti in Italia avverrà in modo diverso rispetto al caso di Silvia Baraldini, liberata subito dopo il suo rientro nel Paese. Nel caso di Baraldini, coinvolta in reati legati al terrorismo, la situazione era differente. Tajani ha dichiarato che “c’è stata una condanna” per Forti, il quale sconterà la pena in Italia. Il vicepremier ha espresso soddisfazione per aver risolto il caso Forti e altre vicende simili, affermando che il governo ha lavorato “in silenzio” per riportare a casa concittadini coinvolti in situazioni complesse all’estero.
Ilaria Salis: Il Caso di Detenzione a Budapest
Oltre al caso Forti, Tajani ha menzionato anche quello di Ilaria Salis, detenuta a Budapest con l’accusa di aver aggredito attivisti di estrema destra. Il vicepremier ha sottolineato che non entra nel merito del processo, ma ha chiesto che durante l’udienza la detenuta non sia condotta in manette, seguendo le normative italiane. Tajani ha evidenziato la necessità di rispettare determinati standard anche all’estero per garantire un trattamento dignitoso ai detenuti.
La Complessità del Caso della Milanese Detenuta in Ungheria
La strategia del governo italiano per risolvere il caso della milanese detenuta in Ungheria si basa su un approccio che combina diplomazia e rispetto delle norme internazionali. Tuttavia, il percorso si prospetta arduo, come confermato da Zoltan Kovacs, portavoce del primo ministro ungherese Viktor Orban. Kovacs ha sottolineato la gravità dei reati contestati e ha evidenziato che le misure adottate nel procedimento rispettano la legge e sono proporzionate alla serietà delle accuse mosse contro la detenuta.