Domiciliari per Makka, l’18enne che ha difeso la madre uccidendo il padre
Domiciliari in comunità per Makka, l’18enne che ha compiuto l’atto estremo di uccidere il padre per difendere la madre. Il giudice Riccardo Ghio ha deciso che non sussiste alcun pericolo di fuga o di reiterazione del reato, consentendo così alla giovane di restare ai domiciliari in comunità. Makka potrà continuare a seguire i suoi studi a distanza, mantenendo un legame con il mondo esterno nonostante la situazione delicata in cui si trova. I legali della ragazza hanno dichiarato che Makka si trova in condizioni psicofisiche precarie, evidenziando l’enorme stress e la pressione emotiva a cui è stata sottoposta. Separata dalla madre e dai fratelli, la giovane è attualmente seguita da psicologhe che cercano di fornirle il supporto necessario in questo momento di profonda difficoltà. La decisione del giudice di non convalidare il fermo, dopo un lungo interrogatorio, apre uno spiraglio di speranza per Makka, che dovrà affrontare un lungo percorso legale e psicologico per elaborare quanto accaduto.
La tragica vicenda di violenza familiare
La storia di Makka, che vive a Nizza Monferrato, si intreccia con un contesto familiare segnato da episodi di violenza. L’accusa di omicidio aggravato dal legame familiare getta luce su un ambiente domestico caratterizzato da tensioni e soprusi. Il padre, Akhyad Sulaev, di 50 anni, è stato ucciso in circostanze drammatiche, il cui scenario era già delineato da una serie di violenze familiari. Secondo il racconto della ragazza, il padre non era solo una figura genitoriale, ma un individuo che esercitava un controllo e un dominio eccessivo sulla famiglia. Le percosse erano una prassi quotidiana, celate abilmente per non destare sospetti all’esterno. La madre, a sua volta, era vittima di minacce costanti, come dimostrano i messaggi intimidatori che riceveva e che trasmetteva alla figlia. La giovane ha descritto un clima di terrore e coercizione, culminato nell’evento tragico che ha segnato la sua vita per sempre. Il gesto estremo compiuto da Makka, nell’atto di difendere la madre, svela una realtà fatta di paura e silenzi. La mancanza di denunce ufficiali nei confronti del padre da parte della madre, pur in presenza di amici a cui confidarsi, evidenzia le dinamiche complesse e nascoste che si celavano dietro le apparenze di una famiglia apparentemente normale. La vicenda di Makka getta una luce cruda sulla violenza domestica e i meccanismi di controllo che possono proliferare all’interno di un nucleo familiare.