Mafia a Bari: Coinvolgimento delle Vigilesse con il Clan Parisi
Due vigilesse della polizia locale di Bari hanno fatto ricorso a un membro fedele del clan mafioso Parisi, Fabio Fiore, ex autista del boss Savinuccio Parisi, in seguito alle offese di un automobilista. Questo fatto è emerso dagli atti investigativi condotti dalla Dda di Bari, che ha portato all’emanazione di 130 misure cautelari nei confronti di persone legate al clan Parisi. Le due agenti, secondo quanto riportato, avrebbero subito insulti pesanti da parte di un trasgressore dopo che quest’ultimo ha ignorato un semaforo rosso. Invece di segnalare l’incidente alle autorità competenti, le vigilesse hanno cercato aiuto da Fiore, identificandolo come punto di riferimento.
Reverenza e Collusione: Il Comportamento Contestato
La magistratura ha evidenziato il comportamento di “assoluta riverenza” tenuto dalle due vigilesse, sottolineando che avrebbero dovuto reagire agli insulti seguendo i protocolli istituzionali anziché rivolgersi a un individuo legato al mondo criminale. Gli inquirenti hanno rilevato che le agenti, anziché denunciare l’accaduto, hanno contattato Fiore al telefono in diverse occasioni per informarlo sul comportamento del trasgressore. In un’ulteriore svolgimento, l’auto del trasgressore è stata rubata e ritrovata lo stesso giorno in cui è stata denunciata la vicenda. Secondo gli investigatori, esistono fondati motivi per credere che il furto dell’auto sia avvenuto per vendetta, su presunto ordine di Fiore, in risposta all’atteggiamento sconsiderato dell’uomo verso le vigilesse.
Condanna Unanime: L’Inaccettabile Coinvolgimento Mafioso
Le autorità giudiziarie hanno condannato fermamente il coinvolgimento delle vigilesse con il clan mafioso Parisi, sottolineando che azioni come il furto o le lesioni non possono mai essere giustificate o ordinate da membri delle forze dell’ordine. Nonostante l’episodio spiacevole subito dalle due agenti, i pubblici ministeri hanno ribadito che non esiste alcuna scusante per l’operato delle stesse, evidenziando come reati di tipo mafioso non possano essere associati a membri delle istituzioni pubbliche, in particolare a due agenti di polizia. La vicenda ha sollevato critiche e preoccupazioni sull’eventuale infiltrazione della criminalità organizzata all’interno delle istituzioni locali, mettendo in luce la necessità di un’azione decisa e trasparente per preservare l’integrità delle forze dell’ordine e della giustizia.