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La generazione prebellica: prepararsi alla guerra
Il capo dell’esercito inglese, il generale Sir Patrick Sanders, ha recentemente lanciato un monito, descrivendo il popolo britannico come parte di una “generazione prebellica” che potrebbe trovarsi ad affrontare una guerra con una Russia sempre più aggressiva. Sanders ha sottolineato che “gli eserciti regolari iniziano le guerre; gli eserciti composti da cittadini li vincono”, evidenziando l’importanza della preparazione e della partecipazione collettiva.
In Italia, esponenti delle classi dirigenti non esitano a discutere della guerra come un possibile sviluppo futuro, giustificando la collaborazione tra Università e industria militare come un passo necessario. Si fa riferimento al “sacro dovere di difendere la Patria” e all’inevitabile scontro tra civiltà, delineando confini netti tra bene e male. La retorica del conflitto armato viene talvolta assimilata a narrazioni fantasy come il Signore degli Anelli, riflettendo un’immaginario bellico radicato nella cultura popolare.
Il pericolo della retorica bellicista
Le classi dirigenti, i media e gli intellettuali che sostengono una retorica bellicista vengono duramente criticate. Rievocando la “Dottrina del fascismo”, si sottolinea come il fascismo rifiuti la possibilità di una pace duratura, associando il pacifismo alla rinuncia e alla viltà di fronte al sacrificio. L’assorbimento di tale retorica non solo è gravoso e imperdonabile, ma si rivela tragicamente ridicolo.
La militarizzazione della società diventa un’illusione in un contesto di scarsa legittimità delle istituzioni e di diffidenza verso la classe politica. La retorica bellica funziona solo se supportata dal sacrificio dei figli degli altri, riflettendo una volontà di guerra che si scontra con l’opinione pubblica. La crisi dell’egemonia occidentale, sia dal punto di vista materiale che simbolico, evidenzia la fragilità dei sistemi liberali e il declino dell’identità legata al consumo di massa.
Il declino occidentale e le nuove potenze emergenti
Emanuel Todd, autore de “La Défaite de l’Occident”, analizza la sconfitta occidentale basandosi su diversi fattori, tra cui la perdita di capacità industriale degli Stati Uniti e il declino dell’istruzione tecnico-ingegneristica. La preferenza crescente per la Russia a livello globale evidenzia una nuova ascesa delle potenze non occidentali, sfidando il tradizionale modello di egemonia. Todd invita a superare la contrapposizione tra democrazia liberale e autocrazia illiberale, sottolineando la crisi delle oligarchie liberali occidentali e l’ascesa di nuove forme di governo.
I nuovi sostenitori della guerra, definiti come “nuovi chierici bellicisti”, contribuiscono a creare un clima di tensione che potrebbe autoalimentarsi, trasformando la profezia della guerra in una realtà tangibile. È necessario riflettere sulle implicazioni di una retorica bellica e sulle dinamiche di potere globali che stanno ridefinendo gli equilibri geopolitici.