Strage silenziosa: il suicidio di un detenuto a Pisa
Un detenuto si è tolto la vita nel penitenziario Don Bosco di Pisa, suscitando un’ondata di sconcerto e preoccupazione. L’uomo, in regime di semilibertà, è stato trovato senza vita nel cortile della prigione. Giuseppe Fanfani, garante regionale dei detenuti, ha definito i suicidi in cella come una “strage silenziosa e insopportabile”.
Le critiche alle politiche carcerarie
Fanfani ha puntato il dito contro le politiche carcerarie attuali, sostenendo che l’irrigidimento e l’inasprimento delle pene possano aver contribuito a creare un clima di estrema rigidità all’interno delle carceri italiane. Questo clima potrebbe privare i detenuti della speranza, spingendoli a gesti estremi come il suicidio. L’assenza di prospettive e di un ambiente umano all’interno delle prigioni potrebbero essere fattori determinanti in queste tragiche decisioni.
La tragedia di Pisa non è un caso isolato. In precedenza, nel penitenziario fiorentino di Sollicciano si è verificato un episodio simile, quando un detenuto marocchino si è impiccato nella sua cella. Questo evento si è aggiunto a una serie di sei suicidi avvenuti nei due anni precedenti all’interno della stessa struttura carceraria. L’ex cappellano del carcere di Sollicciano, Don Vincenzo Russo, ha inviato una lettera al sindaco di Firenze, Dario Nardella, esortando ad un intervento immediato per affrontare le criticità esistenti.
Secondo Don Russo, Sollicciano è diventato una “tomba di un’umanità privata di vita e speranza”. L’alto livello di sofferenza, violenza e mancanza di dignità all’interno del carcere impone un cambiamento radicale. Occorre un’immediata inversione di tendenza per contrastare il degrado che attualmente caratterizza la realtà della prigione.