“Tortura in carcere”: la violenza documentata nel video del pestaggio
Il video del 3 aprile 2023 nel carcere di Reggio Emilia ha scosso l’opinione pubblica, rivelando un’agghiacciante brutalità. Le immagini mostrano un detenuto tunisino incappucciato con una federa stretta al collo, colpito ripetutamente, calpestato e maltrattato da agenti di polizia penitenziaria. La scena si protrae per dieci minuti, evidenziando un trattamento disumano e sproporzionato rispetto alla situazione. Il gip Luca Ramponi ha definito l’accaduto “brutale, feroce e assolutamente sproporzionato”, mentre il procuratore Gaetano Calogero Paci ha condannato le azioni come “degradanti e contro la dignità umana”.Le indagini hanno portato a un processo in cui dieci indagati rispondono di tortura, mentre tre di loro sono accusati anche di aver attestato il falso nelle relazioni successive. Il detenuto, dopo aver violato il regolamento, è stato oggetto di violenze mentre veniva scortato verso le celle. Le telecamere interne hanno registrato ogni dettaglio, fornendo prove cruciali per l’attribuzione delle responsabilità. L’avvocato della vittima, Luca Sebastiani, ha definito le immagini “agghiaccianti e inaccettabili”, sottolineando il ruolo determinante della Procura di Reggio Emilia nell’indagine.
Il coinvolgimento istituzionale e la richiesta di riflessione
Anche il capo dello Stato si è dichiarato “preoccupato” per lo stato delle carceri, convocando il Garante dei diritti dei detenuti per discutere della situazione. Si è tenuto un incontro al Quirinale per valutare le criticità legate al sovraffollamento e ai casi di violenza. Nonostante l’assenza di conferme ufficiali riguardo alla vicenda specifica, si evidenzia una crescente attenzione da parte delle istituzioni sul tema della sicurezza e dei diritti all’interno delle carceri. Il coinvolgimento del presidente della Repubblica e del capo del Dap Giovanni Russo dimostra la gravità della situazione.L’avvocato Sebastiani, difensore della dignità dei detenuti, invita a un approccio garantista e a una riflessione politica seria sul tema della tortura in carcere. Sottolinea la necessità di attendere l’udienza preliminare per esprimere giudizi e cita il caso di Ilaria Salis, evidenziando la gravità delle condizioni carcerarie in Italia. L’associazione Antigone si è schierata a fianco della vittima, annunciando la costituzione parte civile e ribadendo la gravità delle violenze documentate nel video del pestaggio.