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Scoperta di oltre 5mila tonnellate di rifiuti speciali a Reggio Calabria
Disastro ambientale a Reggio Calabria: le prime luci dell’alba hanno svelato un’operazione senza precedenti condotta dai carabinieri della zona contro un gruppo di individui legati a gravi reati ambientali e a un’associazione di stampo mafioso. Si tratta di persone tra i 35 e i 65 anni, già note per precedenti violazioni ambientali, dipendenti di un’azienda operante nel settore della demolizione e movimento terra. Secondo le indagini coordinate dalla Procura di Reggio Calabria, diretta da Giovanni Bombardieri, questo gruppo è accusato di traffico illecito di rifiuti, disastro ambientale e gestione non autorizzata di rifiuti, oltre all’occupazione abusiva di suolo pubblico.
Un’indagine lunga mesi per fermare reati ambientali
L’operazione dei carabinieri è il culmine di un’indagine avviata a gennaio e conclusa ad aprile, che ha coinvolto la Stazione di Rosario Valanidi della Compagnia di Reggio Calabria. L’obiettivo principale era interrompere una serie di attività illegali, estremamente dannose per l’ambiente e per la sicurezza pubblica. Gli accertamenti sono partiti da segnalazioni riguardanti lo sfruttamento illegale del torrente Valanidi da parte dell’azienda coinvolta. Grazie a un’indagine dettagliata, i carabinieri hanno scoperto l’esistenza di un’organizzazione criminale dedicata a reati ambientali, operante in modo spregiudicato e principalmente durante le ore del mattino.
Le gravi accuse riguardano il traffico illecito di rifiuti, con l’utilizzo di mezzi pesanti aziendali che, con operazioni di scarico ripetute, hanno riversato ingenti quantità di materiali inquinanti nel greto del torrente Valanidi. Questa attività criminale è stata svolta senza alcuna autorizzazione ambientale, eludendo controlli e normative. In particolare, sono state individuate discariche abusive lungo il corso del fiume per oltre un chilometro, contenenti oltre cinquemila tonnellate di rifiuti speciali. L’azienda ha anche prelevato illegalmente pietrisco dal torrente, alterandone la naturale conformazione e creando barriere artificiali che minacciano la sicurezza degli abitanti della zona.
Effetti devastanti sull’ambiente e sulle comunità locali
Il torrente Valanidi, originariamente un corridoio ecologico protetto tra due habitat naturali, è stato trasformato in un pericoloso deposito di rifiuti, compromettendo così la sua funzione ecologica e mettendo a rischio l’incolumità delle persone che vivono nelle vicinanze. L’accumulo di materiali inquinanti ha creato ostacoli che potrebbero aumentare il rischio di alluvioni, mettendo a repentaglio la vita di 83 famiglie residenti nella zona. Questo disastro ambientale non è il primo ad interessare la popolazione locale, che nel lontano 1953 subì gravi danni a causa di un’alluvione che causò la morte di 44 persone.
Il sequestro preventivo del patrimonio aziendale, compreso di beni e mezzi di lusso, è stato disposto per contrastare le attività illegali di questo gruppo, già coinvolto in precedenti vicende giudiziarie legate alla criminalità organizzata. Le autorità competenti stanno lavorando per assicurare alla giustizia coloro che hanno arrecato danni irreparabili all’ambiente e alla comunità locale, dimostrando che la lotta contro i reati ambientali è una priorità per la sicurezza e la tutela del territorio.