La Marcia della Vittoria: Una Spinta Verso la Guerra
Gaza è di Israele, proclama la marcia della guerra come un inno di vittoria. A Gerusalemme, centinaia di sostenitori si radunano, determinati a sostenere l’azione militare contro Hamas. La soldatessa che prende la parola afferma con fermezza che la distruzione dell’avversario è possibile solo con una presenza militare diretta a Gaza. Il messaggio è chiaro: nessun compromesso, solo guerra. Ciò che colpisce di più è la varietà di persone presenti: famiglie con bambini, anziani, soldati in uniforme, cittadini comuni, tutti riuniti con un unico proposito. L’atmosfera è più simile a un evento festoso che a una dimostrazione di sostegno bellico.
Le idee radicali alla luce del giorno emergono con forza durante la manifestazione. I partecipanti esprimono la necessità di sacrifici per raggiungere la vittoria. La parola d’ordine è chiara: “Vittoria”. Gli interventi dal palco enfatizzano questo concetto, mentre la folla applaude e agita cartelli in segno di sostegno. L’atmosfera di angoscia post-7 ottobre si trasforma in un’energia frenetica di euforia. La musica pop riecheggia tra le strade, le persone ballano, cantano e si uniscono in un’atmosfera di festa. L’idea di diventare “mainstream” emerge, con le ideologie estremiste che sembrano sempre più accettate e diffuse nella società israeliana.
La Marcia della Riconquista: Obiettivi e Controversie
Gli obiettivi della Marcia sono chiari: la riconquista di Gaza e la distruzione di Hamas. Le richieste dei manifestanti riflettono le posizioni di una parte significativa del governo israeliano. Le visioni di Smotrich, Ben Gvir e Netanyahu convergono sulla necessità di ricolonizzare Gaza e ridisegnare il territorio a proprio vantaggio. Le azioni proposte includono la negazione di aiuti umanitari alla popolazione palestinese, causando carestia e malattie. La Marcia, partita dal kibbutz di Zikim, continua a reclutare sostenitori per la sua causa estrema, che promuove la superiorità e la vittoria a tutti i costi.
La situazione a Gaza, nel frattempo, peggiora. L’ong Norwegian Refugee Council esprime preoccupazione per il possibile bagno di sangue e distruzione a Rafah, già pesantemente colpita dai bombardamenti. Le Nazioni Unite allertano Israele sui potenziali crimini di guerra derivanti dalla distruzione indiscriminata di edifici civili. L’ospedale locale è sotto assedio, con medici e feriti intrappolati tra le fiamme dei cecchini. I reporter sul campo rischiano la vita per documentare gli orrori della guerra, mentre il giornalismo palestinese subisce pesanti perdite umane.